C’è qualcosa che sta succedendo nella pubblicazione di contenuti su Facebook e su Instagram. Da una parte ci sono i dati, gli 800 milioni di utenti costantemente in crescita di Instagram e i 2 miliardi di utenti di Facebook che producono “Each day, more than 175 million people share a Love reaction, and on average, over 800 million people like something on Facebook” e dall’altra, su instagram, i ” 500 million using it every day“.
Non so se è solo una questione di cifre, ma nel caso, su 2 miliardi a 800 milioni piace qualcosa, mentre su Instagram su 800 milioni in totale, 500 usano la app. Sono dati leggermente diversi, ma sta il rapporto può essere utile per comprendere che qualcosa effettivamente sta accadendo, e forse è qualcosa che si riesce a percepire quotidianamente.
Punto di vista non statistico, personale e inutile: La gran parte dei contenuti condivisi su Facebook è orientata alla parola, anche le immagini spesso servono per accompagnare gli status. Su instagram avviene il contrario, i testi sono vere e proprie didascalie, si può fruire del contenuto anche senza leggerli, quindi il contenuto diventa l’immagine.
Inoltre in termini di visibilità i contenuti pubblicati su instagram generano molte più interazioni, gli hashtag permettono una pubblicità del contenuto che facebook non consente, Con facebook il contenuto può essere pubblico ma orientativamente è diretto ai proprio contatti. I follower sono pubblici, si innesta così un meccanismo status sociale (chi ne ha di più, vale di più).
Sino qui non ho detto grandissime cose rivoluzionarie, ma ho alcune domande: Che differenza sta generando nella percezione la creazione di contenuti fondati su immagini e non sul testo?
Abbozzo un percorso di risposta non definitivo: La percezione è che le immagini siano più facili da comprendere: rappresentano quello che vedi e finisce lì. L’idea per la quale le immagini siano semplici da comprendere è connaturata alla storia dell’immagine stessa. Nella preistoria si comunicava con le immagini, l’idea (sbagliata) era che fossero espressione/rappresentazione del mondo esterno. Questa idea si è ripetuta con l’invenzione della fotografia (metodo per intrappolare la realtà) e si sta ripetendo adesso, con la reale diffusione di massa delle immagini stesse (cosa che altri strumenti come Flickr non sono stati in grado di fare).
Cosa accade al testo? Diventa basilare per sua natura o al massimo didascalico. Questo comporta una semplificazione cognitiva: ognuno comprende sempre al massimo delle sue potenzialità. Bisognerebbe decostruire le potenzialità, il proprio nido.
Cosa viene meno in un contesto di condivisione di immagini? Lo scontro tra pareri differenti. Instagram è riuscito a ridurre al minimo il commento (al suo interno, perché poi lo genera al suo esterno, su faebook). Questo significa che forse (e non ho dati per dimostrarlo, quindi è una sensazione) l’idea è che su instagram posso pubblicare un po’ quello che voglio senza esser giudicato, perché tanto non c’è l’idea di comunità che hanno altri social. Quindi anche l’immagine viene depotenziata di contenuto comunicativo nella percezione stessa di chi pubblica. Inoltre avviene anche una omologazione estetica per riuscire a raggiungere più follower possibili (ma questo è un altro discorso, anche se non troppo lontano).
Ecco, tutto questo lo scrivo perché credo sia necessario iniziare a parlare di una educazione all’immagine che serva a comprendere la complessità di qualsiasi fotografia o immagine che l’uomo (e non solo) crea. Una educazione, anche scolastica, che consenta di comprendere il rapporto tra parola e immagine, perché non è marginale: è determinante. E credo che di questo si debba occupare anche il mondo letterario/editoriale, che su instagram è presente poco e male.
Concludo con alcune domande: Come si rapporta il linguaggio letterario (Quello più alto) con l’immagine? Può essere questo rapporto uno strumento per indicare la strada di una educazione all’immagine?